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microplastiche

Con il termine microplastiche ci si riferisce a piccole particelle di plastica, di dimensione molto ridotta, che inquinano mari e oceani. Si chiamano in questo modo perché sono microframmenti di plastica (dimensioni comprese tra gli 0,33 e i 5 mm) dispersi in ambiente che sono in grado di causare conseguenze devastanti per interi ecosistemi. La loro pericolosità non riguarda solo gli animali ma anche l’uomo, perché entrando negli habitat naturali di animali acquatici e marini a nostra volta noi ne siamo interessati.

La sua dimensione cosí piccola inoltre non ne consente la raccolta, salvo che con qualche strumentazione di nuova concezione in via di sviluppo.

Il problema della plastica è dovuto principalmente ai tempi lunghissimi di degradazione ed questa piccola dimensione che la rende facilmente ingeribile da pesci ed altri organismi durante tutto il suo arco vitale (a differenza di altri materiali con un processo di smaltimento più breve, come la carta, ad esempio).

Secondo il Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo (EPRS) ogni anno finiscono negli oceani dai 4,8 ai 12,7 milioni di tonnellate di plastica. Quello che noi vediamo ogni tanto, soprattutto durante l´inverno, sulle nostre coste, sono soltanto alcuni dei rifiuti che intasano il mare, dato che la maggior parte viene trascinata al largo dalle correnti e rimane al largo (in superficie o a fondo) a contaminare l’ambiente.

Microplastiche in mare: i dati e le conseguenze

Come mai ci sono microplastiche in mare? La massiccia presenza delle microplastiche in mari e oceani dipende soprattutto dalla produzione di plastica non riciclabile (quindi che non viene riutilizzata) e dall’errato smaltimento dei rifiuti (che invece potrebbero essere riciclati).

Nel mare la plastica si trova sotto varie forme, dalle comuni bottiglie ai sacchetti fino ai materiali di rivestimento e di imballaggio, oltre alle microplastiche.

Perché non vengono filtrati dagli impianti di depurazione? Il problema è che non riescono a trattenere le plastiche di dimensioni molto piccole e quindi le microplastiche riescono a raggiungere il mare facilmente dai fiumi.

Le conseguenze di questo problema mondiale si risentono su ambiente e salute. Una volta finite in mare, infatti, le microplastiche vengono ingerite dagli organismi presenti in quell’ambiente, dal minuscolo plancton fino alle enormi balene, modificando inevitabilmente le catene alimentari.

Alcuni studi hanno rilevato addirittura che circa il 20% degli animali marini pescati e consumati dall’uomo contengono microplastiche.

Ecco perché il problema delle microplastiche non è esclusivamente di tipo ambientale, risultando fortemente connesso anche alla salute dell’uomo. Gli agenti chimici e tossici rilasciati dalle microplastiche mangiate dai pesci possono contaminare l’organismo umano, provocando diversi problemi di salute, alcuni anche molto gravi.

Microplastiche: soluzioni e impegno mondiale

Sia a livello Europa che sul nostro territorio nazionale, si stanno cercando soluzioni mirate a ridurre il problema della plastica e della microplastica presente nel mare. A volte mi verrebbe da dire che “Si narra stiano cercando soluzioni”, visto che da decine di anni non è stato fatto nessun passo avanti nella gestione del problema. L’Unione Europea avrebbe dettato la rotta per ridurre i rifiuti di plastica, ponendo tra gli obiettivi della propria strategia quello di incentivare il riciclo della plastica rendendo riciclabili tutti gli imballaggi entro il 2030. Questo potrebbe, secondo il documento “A european strategy for plastics in a circular economy”, portare alla creazione di 200mila posti di lavoro.

L’Italia ha seguito questa rotta con il comma 546 della Legge di Bilancio 2018 (n. 205 del 27 dicembre 2017) entrato in vigore il 1° gennaio 2020, che vieta la vendita di prodotti cosmetici ottenuti da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche.

Nel mondo, ci sono anche casi di singole città le cui amministrazioni si stanno battendo per dare il proprio contributo, tuttavia a mio avviso la vera soluzione rimane sempre la riduzione di imballaggi, tornando indietro di almeno 50 anni (visione futuristica?)

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